In Ticino c’è un gruppo di lavoratori che non è come tutti gli altri: dipendono da un datore di lavoro diverso. È il più grande datore di lavoro del Cantone ed è quello a cui tutti guardano come esempio.
Questo datore di lavoro modifica spesso e unilateralmente le condizioni lavorative, salariali e pensionistiche.
La scuola aumenta continuamente e unilateralmente i compiti dei docenti, a cui si chiede di farsi carico in modo sempre più personalizzato delle caratteristiche degli allievi adottando misure ad hoc. I docenti devono sempre più spesso adottare forme didattiche nuove e sperimentali, che comportano maggiori responsabilità e oneri lavorativi. Il tutto senza adeguare le risorse a disposizione!
Questo datore di lavoro in realtà svolge parallelamente anche l’attività di amministratore di beni pubblici.
Quando nella sua attività di amministratore pubblico sbaglia i preventivi, per la costruzione o per la manutenzione di immobili, di strade o di ponti, esso non lascia cadere gli edifici, ma trova sempre i finanziamenti supplementari.
Invece quando sbaglia i conti sulle pensioni dei suoi dipendenti, non ne risponde direttamente e non mantiene gli impegni assunti, lasciando che le pensioni dei suoi lavoratori peggiorino e che altri decidano al suo posto.
Ogni volta che sbaglia nella sua attività collaterale di amministratore pubblico riduce le prestazioni colpendo tutti gli abitanti del Cantone.
Ma i suoi dipendenti pagano due volte i suoi errori, perché esso approfitta del suo doppio ruolo per prelevare anche una parte del salario e delle pensioni dei suoi dipendenti pur di coprire gli ammanchi.
Quando invece i conti tornano, questo datore di lavoro non concede mai nulla in più ai suoi dipendenti; a loro dice sempre e comunque che le cose vanno male peggiorandone le condizioni di lavoro.
Questo datore di lavoro, anche se non rispetta gli impegni presi con i suoi dipendenti e non riesce neppure a far quadrare i conti, cerca di ridurre le tasse a chi è più ricco. Prima di saldare i debiti pregressi con gli uni elargisce concessioni ad altri.
Non ha neppure una vera politica del personale, non conosce e non valorizza i suoi lavoratori, non ha progetti di sviluppo delle risorse umane; se e quando incontra i suoi dipendenti solitamente è per sanzionarli. È ironico e, quando preleva unilateralmente quote del salario dei suoi dipendenti per coprire i costi amministrativi definisce l’operazione «contributo di solidarietà».
Quando questo datore di lavoro discute con i sindacati su questioni contrattuali e pensionistiche, non si può quasi mai firmare e confermare con esso nessun accordo, perché la sua parola vale poco o nulla, con lui tutto è provvisorio e precario, eccetto i tagli, siccome solitamente sono altri ad avere l’ultima parola sui salari e sulle pensioni dei suoi lavoratori.
Chi lavora per lui permette ad altri di trarre profitto dal proprio lavoro, di svolgere attività di lucro e personali. Chi lavora per lui si prende cura degli anziani della collettività, dei bambini e dei ragazzi, della sicurezza di tutti, del territorio, della giustizia, della salute pubblica, degli invalidi, chi lavora per lui consente ad altri di fare profitti, ma viene accusato dalle stesse persone di essere un costo.
Chi lavora per lui sembra invisibile agli occhi di certe persone, come lo sono l’aria e l’acqua, ma, proprio come l’acqua e l’aria, senza i suoi dipendenti nulla può nascere, vivere e crescere nel territorio ticinese. Chi colpisce i suoi lavoratori è come se colpisse l’acqua che beve e l’aria che respira, ne ricava solo il collasso della sanità, il collasso della sicurezza, il crollo dell’istruzione, il crollo della giustizia.
Questo datore di lavoro predica bene e razzola male: nella sua attività collaterale di amministratore pubblico professa di voler rilanciare l’economia, di voler evitare la fuga di cervelli, di voler rendere attrattivo il territorio per famiglie e lavoratori, di volere un mercato dal lavoro sano; mentre come datore di lavoro dominante non riconosce neppure il frutto del lavoro dei suoi dipendenti.
Questo datore di lavoro è lo Stato e Repubblica del Cantone Ticino: un caso unico in tutta la Svizzera! Mentre crescono il PIL, l’inflazione, i premi di cassa malati e la produttività, mentre l’unica voce che sostiene l’economia interna sono i consumi privati ed il potere di acquisto dei lavoratori e del ceto medio, lui taglia i salari e non difende le pensioni dei suoi dipendenti!
Noi, i suoi dipendenti, chiediamo di essere rispettati e trattati come gli altri lavoratori, né più, né meno! Né discriminati, né privilegiati! Il lavoro va pagato!
Gianluca D’Ettorre, Presidente OCST-Docenti