La seconda assemblea in vista del Congresso 2024 è iniziata in modo davvero toccante con la testimonianza di Vittoria (clicca per vedere il video), nome di fantasia, che ha raccontato la sua esperienza di burnout nel quale è caduta a causa dell’ambiente di lavoro dannoso in cui lavorava.

Vittoria sapeva di non essere a suo agio e di soffrire per quanto subiva durante la giornata lavorativa, ma non era consapevole del danno profondo che questa esperienza stava provocando in lei, un danno che si è protratto anche quando, alcuni mesi dopo, ha lasciato il posto di lavoro e anche quando ha ricominciato la sua attività professionale in un ambiente per fortuna positivo. Questo suo disagio, e non poteva essere diversamente, ha colpito profondamente la sua famiglia ed in particolare i figli che hanno assorbito la sofferenza della madre. Le è stato necessario un profondo lavoro, accompagnata da professionisti e medici, per riuscire a tornare alla sua vita. Non la vita di prima, comunque.

Situazioni come queste sono fin troppo frequenti nel mondo del lavoro, tanto da creare allarme e richiedere un intervento. In alcuni casi ciò che fa esplodere la crisi è il mobbing, ma in molti altri casi si parla di difficoltà relazionali tra colleghi di lavoro o carichi eccessivi di lavoro e di stress. Questa è una delle piaghe del nostro tempo. Come è stato più volte ricordato nel corso della serata, la chiave non è intervenire nel momento in cui qualcuno si ammala, ma ben prima, perché l’esperienza del burnout lascia purtroppo cicatrici indelebili. Ma come fare? Durante l’assemblea del 18 gennaio è stato presentato uno dei tentativi di affrontare questo problema: il gruppo di intervento Gridi dell’Ente ospedaliero cantonale.

Alla discussione, moderata da Anna Cardella, giurista all’OCST, hanno partecipato Giovanna Scanzio, infermiera e delegata di Gridi, Idea Canevascini, avvocato e mediatrice di Gridi e Andreana Bernasconi, consulente in risorse umane e persona di fiducia esterna.

Dall’esperienza di Gridi emergono, secondo le relatrici, alcuni elementi chiave: il primo è l’ascolto. Spesso le persone che vivono difficoltà relazionali sul posto di lavoro hanno bisogno di confrontarsi con qualcuno, di raccontare la propria esperienza e già questo elemento, nei casi meno seri, è risolutivo. 

È essenziale inoltre che la persona in ascolto sia indipendente dalla direzione aziendale e possa garantire una certa confidenzialità. La paura infatti, emersa anche nella testimonianza di Vittoria, è un elemento comune a tante esperienze analoghe: paura di avere ripercussioni sul lavoro, di essere giudicate dai superiori, dai colleghi, ma anche dai familiari. È così che nasce la persona di fiducia esterna, figura esterna all’azienda, con le competenze necessarie per supportare chi ha bisogno e attivare una mediazione, se necessario. 

È emerso inoltre che elemento essenziale della prevenzione è certamente la formazione, in primo luogo dei quadri. Ma anche chi non svolge funzioni di responsabilità deve essere consapevole e attento nelle relazioni con le colleghe e i colleghi di lavoro.

Nel corso della discussione è inoltre emerso un grande problema legato alle assicurazioni malattia, le quali riconoscono la depressione, ma in questi casi legano il malessere all’ambiente di lavoro e, di conseguenza, ritengono risolto il problema nel momento in cui una persona si allontana dall’ambiente ritenuto tossico, senza considerare le conseguenze a lungo termine subite dalla vittima. Chiedono quindi l’allontanamento dal posto di lavoro. Purtroppo in certi casi le persone non sono ancora pronte ad affrontare una nuova sfida professionale e questo può creare grosse preoccupazioni, oltre che problemi finanziari.

Benedetta Rigotti