Luzia Mariani ha lavorato nel settore sanitario per quarant’anni, conosce quindi a fondo la professione infermieristica. Le abbiamo chiesto perché sostiene l’iniziativa «Per cure infermieristiche forti», in votazione il prossimo 28 novembre, che mira a migliorare le condizioni di lavoro del personale di cura, anche nell’interesse dei pazienti e a ridurre l’abbandono precoce della professione da parte degli operatori.

Come è evoluta la qualità delle condizioni di lavoro nel settore sanitario?
Già negli ultimi anni prima del mio pensionamento si assisteva ad un peggioramento della situazione. Gli ospedali col tempo sono stati strutturati sempre di più come aziende e si è iniziato a valutare il servizio reso ai pazienti in termini di produttività. È certo un’evoluzione necessaria, ma con gli anni questo ha provocato un aggravio dei compiti all’interno delle strutture sanitarie e mi sembra che a risentirne sia la qualità della relazione con il paziente. Le infermiere e gli infermieri fanno sempre quanto è necessario, ma faticano, a causa dello stress, a curarsi di questo aspetto che non è urgente, ma influisce sulla qualità della cura, intesa in senso profondo, e la soddisfazione del personale.


Perché la relazione con il paziente è così importante?
Trovo che sia un elemento chiave. Se non si costruisce una relazione con il paziente, un incontro tra esseri umani, si rischia di dimenticare che il centro dei nostri interessi è la persona ammalata, non la sua malattia. L’infermiere ha tra i suoi compititi quello di farsi da tramite tra paziente e medico, di assicurarsi che il paziente comprenda a fondo ciò che il medico spiega e raccomanda; per fare questo è necessario conoscerlo e capire le sue esigenze e le sue paure. Non dimentichiamo che quando la salute viene meno, si entra in una condizione di fragilità anche psicologica.


Ci ha parlato della burocrazia…
In effetti con il tempo è molto cresciuta la necessità di produrre documentazione. Questo impone un impegno da non sottovalutare che occupa almeno la metà del tempo di lavoro di un curante. Si tratta di un elemento necessario a tutela sia del paziente sia del curante, ma è necessario chinarsi sulla questione e affrontarla.


Cosa, oltre a questo, incide sull’abbandono precoce della professione?
In effetti troppi operatori abbandonano precocemente la professione a causa del forte carico. Più aumenta la pressione più si alza il rischio di lasciarsi abbattere. Uno dei problemi che si riscontrano più di frequente è quello dei turni. Infatti, dato che il personale assunto è quello strettamente necessario, troppo spesso capita che alle operatrici e agli operatori sia chiesto di coprire i turni di chi è in malattia. È un problema frequente che aumenta l’affaticamento. Per questo l’iniziativa «Per cure infermieristiche forti» chiede un aumento dell’organico.


I turni di notte come impattano?
I turni devono essere coperti 24 ore su 24 ed è chiaro, è un’esigenza reale. Tuttavia nell’organizzazione dei turni vengono poco considerate le esigenze dei singoli, c’è poca flessibilità. Inoltre, se negli ospedali non si fanno praticamente più turni spezzati, questo accade ancora in alcune strutture a lunga degenza. In pratica si chiede al personale di lavorare in due turni separati spezzati da una lunga pausa. Questo tipo di organizzazione è molto penalizzante perché il personale, specialmente coloro che risiedono lontano dal posto di lavoro, rimane occupato per molte ore, ma in realtà ne lavora, ed è pagato, solo per una parte.


Che cosa chiede quindi l’iniziativa «Per cure infermieristiche forti»?
L’iniziativa chiede di investire sulla formazione di personale infermieristico al fine di ridurre la dipendenza dall’estero, di migliorare le condizioni di lavoro del personale, quanto a turni, salari e nell’ambito della conciliazione tra vita privata e lavorativa, di aumentare il personale, per rendere più efficiente il sistema sanitario.
Il controprogetto a questa iniziativa non è soddisfacente perché rende l’investimento sulla formazione facoltativo per i cantoni, non garantisce un aumento reale del personale, condizione indispensabile per garantire un miglioramento delle condizioni di lavoro. In sostanza propone investimenti che non sarebbero davvero efficaci nella soluzione dei problemi posti.


Perché è così importante investire sulla formazione?
La grande pressione subita dal personale curante rende meno efficace anche il processo di formazione delle nuove leve. Troppo spesso i giovani in formazione si trovano fin da subito a lavorare a pieno ritmo e con pochi punti di riferimento, senza inoltre aver cumulato l’esperienza necessaria ad affrontare una tale mole di impegni. È importante prendersi il tempo per sostenere e introdurre le giovani e i giovani che con entusiasmo hanno deciso di dedicarsi al lavoro di cura. Per questo sono necessari tempo, risorse e formatori. In ultima istanza più denaro.

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Benedetta Rigotti


Sociosanitario 29.05.21