Se ne era già parlato con la Legge dell’innovazione. Dal 2016 anche il Ticino dispone di un gruppo apposito atto a promuovere la Responsabilità sociale delle imprese (CSR). Per capire meglio questo modello di business che piano piano sta prendendo piede anche nel nostro Cantone, abbiamo intervistato Jenny Assi, docente-ricercatrice della Scuola universitaria professionale della Svizzera italiana (SUPSI) e una delle maggiori esperte del tema a livello cantonale.

 
Banalmente, che cos’è la responsabilità sociale delle imprese? Cosa si sta facendo in Ticino per promuoverla?
La Corporate Social Responsibility (CSR) o Responsabilità sociale d’impresa è un modello di business che si basa sulla creazione di valore economico, ambientale e sociale. L’impresa socialmente responsabile è dunque un’impresa che misura l’impatto delle sue attività sulla società e che adotta pratiche di business volte a contenere le esternalità negative. In Ticino dal 2016 si è costituito il Gruppo CSR Ticino di cui fanno parte Associazione Bancaria Ticinese, Associazione Industrie Ticinesi, Camera di Commercio, Dipartimento Finanza e Economia del Cantone Ticino e SUPSI. Obiettivo del gruppo di lavoro è la promozione dei temi della responsabilità sociale e della sostenibilità attraverso attività di informazione, formazione e sensibilizzazione sul nostro territorio.
 
Può essere paragonata al «fare il bene comune» o è un azzardo?
Non credo sia un azzardo. L’importante è definire che cosa intendiamo per bene comune. Un’impresa che opera in quest’ottica deve avviare prima di tutto un processo di stakeholder engagement. Vale a dire deve identificare quali sono i portatori di interesse (stakeholder) che possono condizionare o essere condizionati dall’attività dell’impresa. Solitamente rientrano in questa categoria: clienti, fornitori, collaboratori, azionisti e investitori, enti finanziatori, pubblica amministrazione, la comunità locale, le associazioni del territorio, gli enti formativi, le associazioni di categoria, i mezzi di informazione, senza dimenticare le generazioni future che subiranno le conseguenze delle scelte positive o negative fatte oggi. Una volta definita questa mappa di interlocutori che può variare in base alla tipologia d’impresa e del settore economico, l’impresa deve identificare attraverso forme di dialogo costanti quali sono le necessità di queste categorie e verificare che risposte è in grado di fornire, in modo da creare relazioni vincenti per entrambi. In questo senso se l’impresa riesce ad operare in una logica di rete e in collaborazione con i propri stakeholder può sicuramente offrire un importante contributo al bene comune.
 
Perché un’impresa dovrebbe scegliere la via della CSR quando essa non è obbligatoria? Guardando i possibili vantaggi (vedi box arancio) ogni impresa dovrebbe dirigersi in questa direzione, eppure in Ticino siamo ancora ai piedi della scala.
Appare sempre più evidente come la sostenibilità stia diventando un fattore di competitività aziendale e un driver fondamentale dell’innovazione. Del resto, è facilmente comprensibile: un’impresa che affronta le tematiche ambientali, migliorando i propri processi sia a livello di prodotto che di gestione dell’energia e della logistica, migliora i suoi investimenti e i suoi bilanci. Se adotta politiche di welfare aziendale in grado di favorire la salute e il grado di soddisfazione dei suoi collaboratori avrà un clima aziendale più positivo, un minor tasso di turn over e di assenteismo e sarà in grado di attirare e mantenere le risorse migliori. Esattamente come un comportamento corretto a livello di governance e nella relazione coi propri investitori e fornitori aumenterà la reputazione dell’impresa, aumentando di conseguenza la fiducia e la fedeltà dei consumatori. Mi permetto inoltre di sottolineare che, al di là degli aspetti strettamente legati alla logica del mercato, esistono gli aspetti normativi. Molti paesi stanno già adottando normative che vanno in questa direzione, la Comunità Europea in particolare sta giocando da diversi anni un ruolo centrale. Siamo in molti a credere che il processo di diffusione della CSR sarà inevitabile. Le regole del gioco a livello internazionale stanno cambiando e anche molto rapidamente. Facendo un percorso a ritroso, l’ultimo esempio in termini temporali è l’introduzione, a fine anno scorso, in Italia della legge 179/2017 sul whistleblowing che intende tutelare i dipendenti che vogliono segnalare irregolarità e illeciti in azienda e che prende spunto da normative già presenti in altri paesi come Canada, Stati Uniti, Austria, Francia, Norvegia, Svezia, Regno Unito, ecc.. La sfida, nei prossimi anni, sarà quella di trovare soluzioni in linea con gli approcci esistenti in altri paesi ed evitare proposte ideologiche o contrarie agli accordi internazionali che prevedono il principio di non discriminazione delle aziende e la promozione del libero mercato (piuttosto sarebbe opportuno includere il rispetto dei diritti dei lavoratori direttamente in tali accordi).
Penso che per il Ticino il tema sia ancora più importante: la globalizzazione e le crisi economico-finanziarie hanno contribuito in questi anni a cambiare in modo determinante l’economia del nostro Cantone, alcuni processi li abbiamo decisamente subiti. Tuttavia, il Cantone dispone di tutte le risorse per promuovere una cultura imprenditoriale sensibile alle problematiche del territorio. Credo, in particolare, che sebbene sia giusto denunciare chi si comporta in modo irresponsabile sia altrettanto importante dare visibilità alle buone pratiche aziendali. È solo attraverso l’esempio che possiamo tracciare il nostro futuro.
 
La CSR oggi è un vero «valore, modo di pensare» condiviso da tutta l’azienda o più semplicemente, talvolta un obbligo legale altre volte una strategia di marketing?
Vede, gli obblighi legali comportano un rispetto delle leggi ma non necessariamente una condivisione dei loro obiettivi. Le leggi spesso sono vissute più come un’imposizione che come una guida. Quanto alla strategia di marketing, le esperienze degli ultimi anni hanno dimostrato che chi ha adottato questo approccio più con finalità pubblicitarie o d’immagine che di vera e propria strategia aziendale, alla fine non ha ottenuto grandi risultati. I consumatori sono sempre più sensibili, più informati ma anche più scettici. E non dimentichiamoci che si sta affacciando sul mercato, la generazione dei Millenials che in Ticino rappresenta circa il 20% della popolazione e nel mondo 1,8 miliardi di individui. È una generazione con educazione e valori diversi rispetto alle generazioni che li hanno preceduti, molto più sensibili a questi temi per quanto riguarda le pratiche di acquisto e di investimento. Essendo cresciuti con internet, si fidano più dei social che dei media tradizionali ma sono consumatori attenti e pronti a punire le imprese non corrette. A fronte di questi cambiamenti, è chiaro che solo le imprese che avranno realmente integrato la CSR nel loro business, che ne avranno fatto un elemento di strategia e di identità saranno credibili e vincenti.
 
La responsabilità sociale è un tema scontato e assodato per l’autorità politica e l’amministrazione ticinese? Pensiamo per esempio alle politiche economiche per attirare imprese sul nostro territorio. Se portano imprese che non generano un reale benessere ma esclusivamente un indotto economico, vuol dire che l’autorità manca di CSR? Senza ovviamente dimenticare le decisioni prese negli ultimi anni ai danni dei dipendenti dello Stato...
La difficoltà ma anche la sfida che caratterizza questo tema è proprio la dimensione della rete. Perché i principi di CSR si affermino e soprattutto si consolidino è assolutamente necessario che ogni attore coinvolto nel processo faccia la sua parte. Non è un tema, come ad esempio la qualità, interno all’azienda e ai suoi processi. È una visione che deve essere condivisa da tutte le categorie di portatori di interesse. In questo senso è chiaro che il ruolo della Pubblica Amministrazione risulta determinante, in quanto incide a più livelli. Da un lato, come lei ha sottolineato, esistono aspetti normativi che possono agevolare le scelte delle imprese. Vi sono poi aspetti legati alla fiscalità che possono introdurre sistemi di premialità per le imprese che adottano comportamenti socialmente responsabili. Ad esempio in Ticino sia la legge sull’innovazione che la legge sugli appalti pubblici considerano criteri di valutazione che vanno in questa direzione.
 
CSR vuol dire automaticamente rispetto dei lavoratori? Oppure, visto il degrado in atto attualmente nel mercato del lavoro, basta un minimo gesto per sembrare «responsabili»?
Il rispetto dei lavoratori è senza dubbio un tema centrale. Anche in questo caso non bisogna confondere il rispetto o il mancato rispetto delle leggi con le scelte di responsabilità sociale. L’impresa che opera con questa visione solitamente dispone di un codice etico e/o di condotta, di iniziative legate alla salute e alla sicurezza sul posto di lavoro e di un piano di welfare integrativo che tenga conto delle esigenze dei propri collaboratori. Non a caso la responsabilità sociale fa riferimento agli impegni che l’impresa si assume, oltre i termini di legge. Non bisogna tuttavia dimenticare che alla base di un buon clima aziendale c’è la capacità dell’imprenditore e del management di dialogare con il proprio personale. Le imprese che hanno un maggiore tasso di assenteismo e di turn over sono in generale quelle imprese che trattano i dipendenti come dei «numeri» o delle «pedine». La capacità di dialogo non comporta «investimenti particolari», ma richiede una competenza specifica, quella relazionale. 
Per quanto riguarda le modalità di comunicazione delle aziende sul tema, credo che sia importante che le aziende comunichino il loro approccio alla CSR nei loro siti web o ancora meglio in un report di sostenibilità. Solo grazie alla pubblicazione di informazioni sul tema da parte di un numero sempre più crescente di imprese potremo creare una cultura condivisa basata sulla sostenibilità. 
 
Nei concetti chiave della CSR (box arancio) troviamo due voci legate ai dipendenti. Ma controllando i partecipanti al tavolo non siedono associazioni sindacali. Si può pensare in futuro di integrare anche le organizzazioni dei lavoratori?
Il ruolo delle organizzazioni sindacali in questo processo sarà senza dubbio importante. Attualmente, l’obiettivo del gruppo di lavoro sulla CSR è quello di diffondere un approccio al tema conforme alle linee guida della Confederazione e della comunità internazionale, in particolare dell’OCSE, dell’ONU e della Commissione europea. Tutte le collaborazioni che ci permettono di raggiungere questo obiettivo sono le benvenute.
 

Chi è Jenny Assi?

Nasce a Mendrisio, studia al Dipartimento di «Travail social et politiques sociales» presso l’Università di Friburgo (Svizzera) laureandosi nel 2003. Qualche anno più tardi ottiene il dottorato sempre presso l’Università di Friburgo con una tesi sulla copertura pensionistica dei lavoratori atipici.
 
Esperienze professionali
Inizia a lavorare presso il DEASS (Dipartimento economia aziendale, sanità e sociale) della SUPSI nel 2003, dove ora ricopre la carica di docente-ricercatrice senior. Svolge dal 2006 attività di insegnamento, ricerca e consulenza sul tema della CSR.
È autrice insieme a Caterina Carletti di due studi sul tema della CSR in Ticino: «Per un nuovo dialogo tra mercato e società (2006)» e ValoreTI: «La valorizzazione della Responsabilità sociale delle imprese in Ticino (2016)».
 

Vantaggi della CSR

Sono molteplici ormai gli studi che attestano il legame tra CSR e competitività. Tra i vantaggi maggiormente individuati:
- miglioramento della reputazione aziendale, del marchio e del prodotto;
- livelli più elevati di soddisfazione, fidelizzazione dei clienti e aumento delle quote di mercato (essendo attente alle richieste dei consumatori, si è trovato che le imprese orientate alla CSR sono più abili a rispondere ai nuovi bisogni del consumatore e quindi a mantenere o a trovare nuove quote di mercato);
- dipendenti più motivati e produttivi, minore rotazione del personale, maggiori possibilità di acquisizione di talenti e personale qualificato;
- maggiore innovazione, creatività e gestione dei problemi da parte dei dipendenti;
- maggiore risparmio sui costi (minori costi legati alle assenze per malattie, minori consumi e costi energetici, migliore utilizzo delle materie prime, ecc.);
- migliori relazioni con le altre imprese, la comunità locale e le autorità pubbliche
- riduzione e migliore gestione dei rischi (le imprese orientate alla CSR corrono minori rischi di boicottaggio, reclami, frodi, proteste).

Varie definizioni

La Commissione Europea definisce la CSR come: «la responsabilità delle imprese per il loro impatto sulla società. Il rispetto della legislazione applicabile e dei contratti collettivi tra le parti sociali rappresenta un presupposto necessario per far fronte a tale responsabilità. Per soddisfare pienamente la loro responsabilità sociale, le imprese devono avere in atto un processo per integrare le questioni sociali, ambientali, etiche, i diritti umani e le sollecitazioni dei consumatori nelle loro operazioni commerciali e nella loro strategia di base in stretta collaborazione con i rispettivi interlocutori, con l’obiettivo di: fare tutto il possibile per creare un valore condiviso tra i loro proprietari/azionisti e gli altri loro soggetti interessati e la società in generale; identificare, prevenire e mitigare i loro possibili effetti avversi».
 
La Segreteria di Stato dell’economia (SECO) definisce la responsabilità sociale d’impresa come: ««La responsabilità sociale d’impresa (Corporate Social Responsibility, CSR) riguarda l’impatto sociale ed ambientale delle attività imprenditoriali. Per la Confederazione è un contributo delle aziende allo sviluppo sostenibile. La CSR abbraccia un’ampia varietà di tematiche di cui il management aziendale deve tenere conto. Tra queste vi sono le condizioni di lavoro (compresa la protezione della salute), i diritti umani, la tutela dell’ambiente, la prevenzione della corruzione, la concorrenza leale, gli interessi dei consumatori, la fiscalità e la trasparenza. Per attuare la CSR è necessario tenere in considerazione gli interessi degli stakeholder (azionisti, lavoratori, consumatori, comunità locali, organizzazioni non governative, ecc.), rispettare le normative e gli accordi con i partner sociali. Bisogna inoltre tenere conto delle aspettative sociali, che possono spingersi ben oltre gli obblighi giuridici. L’attuazione coerente della CSR costituisce un contributo essenziale allo sviluppo sostenibile e al superamento delle sfide sociali e può influire positivamente sulla competitività stessa delle aziende.
 
Per EconomieSuisse le imprese socialmente responsabili: «si impegnano volontariamente per la protezione delle persone e dell’ambiente, anche oltre gli obblighi legali. Esse assumono le loro responsabilità e tengono conto dello sviluppo sostenibile».
 
 
Altre informazioni si possono trovare sul sito del gruppo di lavoro appositamente creato: https://www4.ti.ch/dfe/de/csr/home/
 
 
Scarica il pdf della pagina da "il Lavoro" del 19 aprile >>
 
a cura di G. Donini