Nella seduta di giovedì 24 novembre, il Consiglio dei Ministri ha ufficialmente riavviato l'iter di ratifica del nuovo Accordo sulla tassazione dei lavoratori frontalieri.

Il Governo ha infatti approvato il relativo disegno di legge (DDL), affidando al Parlamento il testo per la sua conversione in legge, percorso interrotto a seguito dello scioglimento delle Camere dell’ottobre scorso. I sindacati OCST, SYNA, UNIA, CGIL, CISL e UIL hanno prontamente contattato il Governo affinché nel testo definitivo della legge di ratifica vengano accolte le richieste avanzate dalle parti sociali nell’audizione in Senato dello scorso 8 marzo, tra le quali:

  • l’aumento della franchigia a 10.000 € per i frontalieri che saranno soggetti a tassazione in Italia;
  • la non imponibilità degli assegni familiari;
  • la deducibilità dei contributi per il prepensionamento di categoria;
  • l’impegno a rispettare la parità di trattamento in caso di smart working
  • l’istituzione del tavolo interministeriale sullo Statuto dei lavoratori frontalieri;
  • la convocazione del tavolo di monitoraggio per la corretta applicazione dell’accordo e per promuovere il confronto sui progetti di sviluppo economico-sociale dei comuni di frontiera;
  • tutte le misure già contrattate a sostegno dei comuni di frontiera stessi.

I sindacati ribadiscono quindi la necessità che ai fini dell’approvazione del nuovo DDL e della sua conversione in legge, si riparta da dove si era già arrivati, evitando di svuotare i contenuti dell’intesa.

Le discussioni in Parlamento proseguiranno nei prossimi giorni. Non è ancora chiaro se la legge di ratifica verrà approvata prima del termine dell’anno in corso, condizione necessaria affinché il nuovo Accordo sulla tassazione dei frontalieri diventi operativo già con il 1° gennaio 2023. I tempi sarebbero strettissimi e resta dunque ancora sul tavolo l’ipotesi che l’entrata in vigore dell’Accordo slitti al 1° gennaio 2024.

Ripercorriamo l’argomento nel dettaglio

Dopo anni di trattative, il 23 dicembre 2020 l’Italia e la Svizzera hanno firmato un nuovo Accordo sulla tassazione dei lavoratori frontalieri che andrà a sostituire il precedente Accordo del 1974.

Nel nuovo patto bilaterale è previsto che i “nuovi frontalieri” avranno un meccanismo di tassazione concorrenziale tra Italia e Svizzera (ovvero pagheranno l’imposta alla fonte nel Cantone dove lavorano ma dovranno poi pagare l’IRPEF in Italia secondo le aliquote ordinarie con detrazione per quanto già pagato in Svizzera).

Affinché l’Accordo possa entrare in vigore è prima necessario che i Parlamenti dei due Stati ratifichino l’Accordo. La Svizzera ha già compiuto da tempo questo passaggio, mentre in Italia tutto si era bloccato per il cambio di Governo.

Come prima indicato, il nuovo esecutivo ha ora riavviato l’iter di ratifica. Se questo processo si concluderà entro la fine dell’anno (cosa molto complessa anche se non impossibile), allora il nuovo Accordo sarà già effettivo con il 1° gennaio 2023, altrimenti il tutto verrà rinviato al 1° gennaio 2024.

La clausola per i “vecchi frontalieri fiscali”

La concertazione tra il sindacato e la politica ha fatto sì che nel nuovo Accordo tra gli Stati venisse inserita una clausola di salvaguardia per i cosiddetti “vecchi frontalieri fiscali”, i quali continueranno ad essere tassati esclusivamente in Svizzera fino alla pensione, anche in caso di cambiamento del posto di lavoro o di periodi disoccupazione.

I “vecchi frontalieri fiscali” sono coloro che:

  • hanno la residenza fiscale nei Comuni di confine (ovvero che qui sono iscritti come residenti, hanno la dimora abituale e il centro degli interessi familiari);
  • hanno il rientro giornaliero tra Italia e Svizzera (ovvero non dispongono di un’abitazione in Svizzera per il soggiorno settimanale);
  • hanno lavorato con queste condizioni in Canton Ticino, Grigioni o Vallese per un periodo (anche breve) compreso tra il 31 dicembre 2018 e la data di entrata in vigore del nuovo Accordo;
  • mantengono nel tempo queste condizioni.

La clausola di salvaguardia è come detto già inserita nel nuovo Accordo, pertanto non può essere annullata o modificata dal Parlamento italiano. Si tratta quindi di un punto che non è in discussione.

Le rivendicazioni del sindacato a favore dei “nuovi frontalieri”

Il 23 dicembre 2020, ovvero proprio nello stesso giorno in cui gli Stati firmarono il nuovo Accordo, il sindacato siglò a sua volta con il MEF italiano un “memorandum” che impegnava il Governo italiano ad inserire nella propria legge di ratifica alcune puntuali misure fiscali, previdenziali e normative volte a limitare la sperequazione tra i frontalieri regolamentati con le attuali regole e quelli regolati dalle nuove norme. Tali richieste furono poi ribadite lo scorso 8 marzo in un’apposita audizione in Senato e sono indicate all’inizio dell’articolo.

Ora il sindacato ha richiesto al nuovo Governo di tenere fede al memorandum siglato dalla precedente legislatura, garantendo l’applicabilità di queste rivendicazioni.

I frontalieri “fuori fascia”

I lavoratori frontalieri che sono già attivi in Svizzera ma che non hanno la residenza fiscale nei Comuni di confine saranno tenuti a dichiarare il reddito da lavoro in Italia (come per altro accade già oggi). Anche loro potranno tuttavia godere - se accolte - delle condizioni migliorative richieste dal sindacato (franchigia a 10'000 €, deducibilità assegni familiari e contributi prepensionamento). Si ricorda infine che sono già oggi deducibili gli altri contributi pagati in Svizzera (AVS, AD, LPP, assicurazione infortuni).

Conclusione

I prossimi giorni saranno decisivi per sapere se il nuovo Accordo entrerà in vigore con il 1° gennaio 2023 o se saranno necessari tempi più lunghi. Il sindacato OCST vi terrà costantemente aggiornati.