Il prossimo 25 settembre è annunciata la votazione popolare. Due dei temi in votazione riguardano la riforma dell’AVS denominata «AVS 21» nella quale è previsto l’aumento dell’età di pensionamento per le donne.

Il sindacato OCST invita a respingere con decisione la riforma perché, per come è concepita, non è né equa, né risolutiva dei problemi finanziari del nostro primo pilastro pensionistico.
La maggior parte dei risparmi previsti sono a carico delle donne e questa è una grande ingiustizia, tanto più perché l'aumento dell'età di pensionamento da 64 a 65 anni viene venduto come un ulteriore passo verso la parità. Le donne, già discriminate a livello salariale, subiscono un’ulteriore disparità del 37 per cento a livello pensionistico. Ciò le porta a essere più soggette alla povertà dopo il pensionamento. L’AVS è l’unico pilastro della previdenza vecchiaia che è equo nei confronti delle donne: modificare questo stato di cose senza aver risolto a monte il problema della parità salariale è dunque un errore. Tanto più che le misure di compensazione per la generazione di transizione sono troppo limitate. Inoltre, pure la riforma della Legge previdenza professionale (LPP) non sta procedendo nella giusta direzione.
Questo importante sacrificio non viene nemmeno ricompensato con una solidità finanziaria a lungo termine. Approvata questa riforma sarà subito necessario chinarsi su ulteriori misure perché le fonti di finanziamento previste non consentiranno di mantenere il Fondo dell’AVS ad un livello adeguato a garantire la sicurezza delle rendite. Il dubbio che sorge a molti è che la fragilità di questo progetto dipenda dalla determinazione a giungere alla proposta di prolungamento per tutti dell’età pensionabile. Tuttavia moltissime pensionate e pensionati già oggi non giungono ai 64/65 anni in attività, ma terminano prima, perché perdono il loro impiego, perché non sono più in salute o perché non riescono più a sostenere i ritmi di lavoro.
Chi sostiene questa riforma dice che non ci sono alternative e che è urgente agire. Questo però non è vero: esistono alternative per garantire la solidità del nostro primo pilastro senza penalizzare ulteriormente le donne. Chi dice «no» ad AVS 21 non nega la necessità di un intervento, sottolinea però che quello emerso dalla discussione nel Parlamento nazionale non è il progetto giusto. Si chiede un progetto che rispetti la natura ridistributiva dell’AVS e che riconosca la sua importanza vitale per moltissime pensionate e pensionati.
Esistono altre fonti di finanziamento che non sono state sufficientemente considerate e valutate dalle camere federali, come il ricorso agli utili della Banca Nazionale, l’aumento contenuto dei contributi o un aumento più consistente dell’IVA, come aveva peraltro proposto il Consiglio federale nel progetto iniziale.
L’OCST invita ad informarsi e a mobilitarsi su questo tema che riguarda tutti: le donne certo, ma anche gli uomini; i cinquantenni certo, ma anche i giovani.