In queste settimane numerose sono le iniziative che riportano l’attenzione sul tema ambientale. Il 21 maggio si è svolto in Svizzera lo Sciopero per il futuro, organizzato dalle giovani e dai giovani per porre l’attenzione sul fatto che siamo in un momento cruciale nel quale è necessario agire per evitare danni irreparabili che cadranno inevitabilmente sulle spalle dei più giovani.

Il nostro sindacato appoggia questa iniziativa e riconosce una saggezza dei giovani, che sono ancora capaci di rischiare e guardano al futuro senza i condizionamenti, i pregiudizi, gli schemi e le delusioni accumulate con le esperienze negative, ma con la speranza per un futuro diverso e positivo. È molto importante impegnarsi da subito per il cambiamento climatico, che peraltro colpirà il nostro paese, in quanto alpino, in modo più forte.
Nel mese di giugno sono poi previste alcune votazioni, sia a livello cantonale che federale, che hanno a tema l’ambiente, tra cui quella sulla Legge Co2. Il sindacato OCST e Travail.Suisse sostengono questa legge che fa qualche passo in avanti, pur segnalandone alcune debolezze sulle quali sarà necessario impegnarsi.
Per il sindacato OCST e per Travail.Suisse la transizione ecologica deve essere pensata in termini di giustizia sociale. Questo è un principio cardine espresso dall’Organizzazione internazionale del lavoro e ripreso anche nell’Accordo di Parigi e dall’Unione Europea, ma non nella legislazione svizzera, che evidenzia come una transizione così radicale deve essere condivisa. Infatti esiste il rischio concreto che, senza una corretta gestione, questa trasformazione penalizzi e marginalizzi i più fragili, continuando in un’evoluzione già in atto che accentua le diseguaglianze. Sarebbe una scelta sbagliata, oltre che ingiusta, che finirebbe per escludere dal processo una parte importante delle persone.
D’altra parte anche il non far nulla o il fare poco comporterebbero conseguenze importanti a livello economico e sociale che non farebbero che aggravarsi nel corso degli anni. Accanto allo sfruttamento ambientale, è chiaramente già in atto infatti uno sfruttamento sociale che colpisce vaste fasce della popolazione, oltre che una concentrazione della ricchezza che ostacola lo sviluppo armonioso della società. Inoltre l’aumento della temperatura, l’inquinamento dell’acqua e del suolo colpiscono in primo luogo i più poveri che hanno meno risorse per reperire cibo e acqua di qualità e rischiano il proprio posto di lavoro. Anche le misure di aggravio dei costi per chi consuma più energia rischiano di pesare sulle tasche di chi ha meno risorse e non può permettersi veicoli o abitazioni a basso consumo energetico. Per questo è necessaria una ridistribuzione.
È importante affrontare in modo organico tutti questi aspetti.

Opportunità e rischi della transizione ecologica
Travail.Suisse, nel documento «Un nuovo mercato del lavoro ecologico e sociale per la Svizzera» segnala che è necessario farsi trovare preparati ai cambiamenti in atto. L’aumento delle temperature ha già portato mutazioni ambientali e sociali e altre ne arriveranno. Per esempio lo scioglimento dei ghiacciai e la riduzione della neve hanno portato difficoltà alle stazioni sciistiche che verosimilmente si aggraveranno. Inoltre un aumento delle temperature peggiora situazioni di canicola che già le lavoratrici e i lavoratori che operano all’aperto vivono nei mesi più caldi.
È quindi necessario uno studio approfondito delle conseguenze che il cambiamento climatico, ma anche la transizione ecologica, avranno sul mercato del lavoro per potersi trovare pronti a fronteggiare i problemi e a sfruttare le opportunità.
Evidentemente infatti le novità in ambito energetico e dell’economia circolare condurranno alla creazione di nuovi posti di lavoro, ma è necessario governare il cambiamento perché, per esempio, chi perde il lavoro in un settore sia sostenuto nella riqualificazione.
Quali settori favorire? Dove indirizzare gli investimenti? Come orientare la formazione continua? Quali misure fiscali prendere? Sono tutte domande alle quali, come sottolinea l’Organizzazione internazionale del lavoro nel documento «Principi per una transizione giusta verso delle economie e delle società ecologicamente sostenibili per tutti», non si può rispondere in maniera univoca. È necessario un approfondimento e una discussione nella quale devono essere coinvolti anche i sindacati. È solo tenendo conto delle esigenze di ciascuno e responsabilizzando tutte le parti in causa nel proporre e nell’accogliere soluzioni che si andrà verso un miglioramento sostanziale della situazione attuale.

L’economia circolare

L’economia circolare mira all’uso corretto e parsimonioso delle risorse: evitare gli oggetti monouso, condividere la proprietà degli spazi, degli utensili o dei veicoli; vendere oggetti che non si usano più piuttosto che buttarli via; far riparare ciò che si è rotto, sono tutte vie che evitano lo spreco e, allo stesso tempo, contribuiscono alla creazione di posti di lavoro di chi facilita la condivisione, organizza la rivendita e ripara.
Si tratta in realtà di recuperare sane abitudini già in voga in passato, ma anche di combattere tendenze distruttive come l’obsolescenza programmata, un meccanismo che rende inutilizzabili i prodotti dopo un certo periodo, o la progettazione di oggetti che non possono essere riparati o ricaricati.
L’economia circolare riguarda anche un’attenzione alla progettazione dei prodotti e dei processi produttivi, in tutti gli ambiti, che sia in grado di recuperare tutti gli scarti di produzione e reintegrarli nel processo.
Questo, inteso in senso più profondo e più ampio, deve essere vero anche per le persone: la formazione continua, per esempio, permette a tutti di essere adeguati alle sfide future ed evita che chi non è pronto venga licenziato ed emarginato.

Benedetta Rigotti