Alle 14.00 di oggi era prevista la consegna delle firme raccolte tramite la petizione in favore dei dipendenti di Divoora. Più di 2200 persone hanno aderito in una sola settimana, dando il loro appoggio ai rider e alle loro rivendicazioni.

La consegna delle firme prevista oggi voleva essere un ulteriore segnale indirizzato all’azienda: dopo la lettera aperta inviata dai dipendenti il mese scorso, anche i clienti di Divoora hanno preso posizione attraverso questa petizione, sostenendo le rivendicazioni dei lavoratori e chiedendo a gran voce il rispetto dei loro diritti.

Purtroppo, anche questo invito è stato prontamente rimandato al mittente, con una presa di posizione inviata ai sindacati e ai media. Divoora ha perso l’ennesima occasione per incontrarci e riaprire un dialogo costruttivo, preferendo trincerarsi dietro a minacce prive di fondamento e facile vittimismo.

Sono infatti infondate tutte le argomentazioni che l’azienda ha trasmesso nella sua presa di pozione. In primo luogo, ogni e qualsiasi rivendicazione presentata all’azienda è basata su problematiche ampiamente comprovate: disdette, contratti, e-mail, lettere, nonché molteplici testimonianze dirette dei rider. Per quanto riguarda “la proposta concreta” per i rider assunti a tempo pieno, è vero che per questa categoria erano stati proposti dei miglioramenti contrattuali. È però altrettanto vero che non esistono lavoratori di serie A e lavoratori di serie B: tutti i dipendenti devono essere tutelati in egual maniera, questione che è stata chiarita fin da subito al tavolo delle trattative. I Sindacati non vogliono e non possono firmare contratti o accordi vuoti, con il chiaro intento di salvaguardare unicamente una minima categoria di dipendenti, buttando nel vuoto la maggior parte dei lavoratori, che tra l’altro risultano quelli più precari.

In tutto questo tempo l’azienda, nonostante i proclami di apertura mezzo stampa, non ha mai modificato le condizioni contrattuali irregolari che i sindacati hanno denunciato e con grande arroganza ha continuato a far lavorare i dipendenti, vecchi e nuovi, in condizioni di illegalità.

È inoltre doveroso puntualizzare che è del tutto falso che si sia proceduto a contattare i ristoranti e i rider stessi, invitandoli a non più servirsi di Divoora. In presenza di un calo di clienti ed ordini, probabilmente sarebbe stato più utile fare una semplice autocritica. Viceversa, l’azienda ha puntato ancora una volta il dito verso gli altri. È questo il risultato di una politica manageriale miope, che preferisce scaricare le proprie responsabilità sui dipendenti e su chi li assiste, piuttosto che fare un minimo sforzo per trovare una soluzione condivisa, improntata sul rispetto del proprio personale e, non da ultimo, della legge sul lavoro.

La verità? Probabilmente i dipendenti sono stanchi di pagare per lavorare (perché è questo che fanno con un salario al minuto, e con i ridicoli rimborsi spese riconosciuti dall’azienda!) e cercano di sbarcare il lunario rivolgendosi ad altri datori di lavoro. I ristoranti? Anche loro, immaginiamo, vorranno evitare di servirsi di Divoora avendo acquisito la piena consapevolezza di sostenere un’azienda che non ha a cuore il benessere dei propri lavoratori.

Alla luce di quanto sopra, si spera che i dirigenti Divoora si assumano finalmente le loro responsabilità e riaprano subito il tavolo delle trattative. Se questo non avvenisse, le parti sindacali si vedranno costrette a continuare l’azione sindacale intrapresa a seguito della rottura delle trattative e adiranno lei vie legali per tutelare i diritti dei lavoratori e delle lavoratrici.